Feste sull'aia

L’interesse di Giancarlo Passera per la storia del suo paese d’origine nasce alla fine degli anni Ottanta e si mantiene vivo fino a oggi. 

Negli ultimi anni del Novecento, con il prezioso aiuto dei fratelli e di numerosi volontari del territorio, organizzò diverse manifestazioni per tenere vive le tradizioni contadine della zona. Tra queste, spiccano le dodici edizioni delle Feste sull’aia e le quattro Scartusà, svoltesi ai Bignoni e presso l’Azienda Agrituristica Cergallina.

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La grande partecipazione degli oriundi e dei loro familiari, nonostante le difficoltà logistiche di radunare persone che nel dopoguerra avevano lasciato la campagna per una vita migliore (sia in patria che all’estero), spinse Passera a documentare ogni evento con cura. 

Ogni incontro fu infatti immortalato in una videocassetta VHS e accompagnato da numerosi scatti fotografici, raccolti in album pensati per le generazioni future: un modo per non perdere il ricordo di volti, luoghi e abitudini locali.

Il Comune offrì un sostegno concreto: alla vigilia delle feste, alcuni operai sistemavano la strada d’accesso alla frazione natale, tagliavano le siepi e riaprivano il canale lungo il percorso. Anche i pomeriggi prima della rimpatriata erano animati: una decina di volontari si armava di falcetti e sacchi per ripulire il borgo e renderlo accogliente per il giorno successivo.

La particolarità di queste feste non stava tanto nel numero di partecipanti, pur sempre superiore alle duecento presenze, quanto nell’omogeneità del gruppo: erano momenti pensati soprattutto per chi proveniva dalla stessa zona, così da rafforzare un legame condiviso. Il ristoro era gratuito e lasciava spazio a offerte libere: una scelta voluta, nonostante qualche perplessità, per mantenere un clima familiare e genuino. Solo per l’acquisto di attrezzature fu necessario chiedere due contributi all’amministrazione comunale.

Con questa manifestazione, gli organizzatori si prefiggevano l’obiettivo di offrire un’occasione d’incontro annuale tra gli ex abitanti della “villa” dei Bignoni e quelli dei piccoli agglomerati circostanti, per condividere qualche ora in allegria. Oltre all’aspetto conviviale, questi eventi permettevano anche di constatare lo stato di abbandono in cui versava il borgo, un tempo abitato da una trentina di famiglie, ridotte oggi a due.

Il successo tra gli adulti era quasi scontato, grazie alla comunanza di ricordi, buon cibo e vino in abbondanza. Nelle prime edizioni si tentarono anche momenti musicali con la fisarmonica, ma fu la "musica di fondo" del vociare collettivo a restare nel cuore dei partecipanti. Per coinvolgere anche i più giovani, furono organizzati giochi come la caccia al tesoro e la rottura delle pignatte. L’immagine di un pomeriggio spensierato, vissuto tra le vie del paese in festa, è diventata per molti bambini un seme di legame con la terra dei loro padri.

Oltre al divertimento, c’era un messaggio chiaro: riscoprire le proprie radici culturali, affinché anche un ritorno occasionale ai luoghi d’origine potesse diventare possibile. I numerosi interventi di restauro avviati sulle vecchie case in pietra testimoniano che questo invito è stato ascoltato. 

L'attenzione per il recupero funzionale ed estetico dei vecchi casolari non costituiva comunque l’unica speranza perseguita dagli promotori, i quali non hanno mai fatto mistero di volersi prendere cura anche di alcuni aspetti del territorio circostante. Con l’abbandono delle campagne negli anni Sessanta, la natura aveva ripreso il sopravvento. Per contrastare questo processo, si decise di concentrare gli sforzi su alcune azioni concrete: riapertura dei sentieri, miglioramento della segnaletica, sistemazione del piccolo ponte in legno sull’Ongina. Così, per anni, durante l’estate, gruppi di volontari hanno tenuto vivo il sentiero che collega la frazione al capoluogo e hanno ricostruito la passerella sul torrente, andata distrutta e da tutti rimpianta.