Le mondine

Durante l’estate, a partire dai primi giorni tiepidi di giugno e per circa quaranta giorni, le campagne delle frazioni di Vernasca, in particolare le zone lungo il fiume Taro, si animavano della presenza delle mondine: donne impegnate a mondare il riso, ovvero a estirpare le erbacce dalle risaie.

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Le mondine trascorrevano dalle otto alle quattordici ore nei campi, chine sull’acqua e sotto il sole, in condizioni estenuanti. Per proteggersi dal caldo e dalle sterpaglie, indossavano ampi cappelli di paglia e calze alte. 

Nonostante la fatica, dovevano spesso affrontare anche le dure imposizioni del padrone, che talvolta arrivava persino a colpirle sulla schiena con un bastone.

Tra queste donne si creava un forte legame di sorellanza. Per incoraggiarsi a vicenda e spezzare il silenzio del lavoro, intonavano canti corali con cui dare voce alle loro speranze e  immaginare insieme un futuro migliore.

La presenza delle mondine non passava inosservata: chi lavorava nei campi o attraversava quelle strade restava colpito dalla loro forza, ma anche dal loro fascino. Alcune di loro erano particolarmente conosciute, come “la Lina” e “la Maria”, anche detta “la Bella Maria”.

La loro tenacia le accompagnava anche oltre l’estate: molte lavoravano nelle fabbriche durante il resto dell’anno e, soprattutto durante la Seconda guerra mondiale, furono fondamentali per sostenere l’economia locale.

Grazie all’archivio di Fausto Ferrari, oggi possiamo riscoprire numerose fotografie di gruppo che ritraggono le mondine sorridenti, nonostante la durezza del lavoro nei campi. Scatti che raccontano storie di fatica, dignità e solidarietà femminile.

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